giovedì 26 febbraio 2009

Into the Wild

Attenzione: questo post contiene spoiler. Se non avete ancora visto Into the Wild, e avete intenzione di vederlo prima o poi, non leggete o scoprirete come va a finire.

Io lo sapevo già come va a finire. Malissimo. Avrei fatto bene ad andarmene piuttosto a dormire, una volta tanto, a un orario decente. Invece...

Invece. Sapendo che il film era stato osannato da critica e pubblico, aveva vinto svariati premi, era di Sean Penn, tratto da una storia vera... Insomma, mi sono incuriosita e me lo sono guardato tutto. Tutto tutto. A un certo punto, verso la fine, quando già si intravedeva la tragedia incombente, mi sono detta: ora spengo la TV e vado a nanna. Macchè: sono rimasta lì come ipnotizzata, sentendo salirmi in gola l'angoscia.

Pensate a questo ragazzo di neanche 25 anni che muore solo, intrappolato nella foresta, al freddo, con un'agonia durata giorni se non settimane, ma restando lucido e quindi sapendo di dover morire.
Mamma mia.

7 commenti:

  1. fine angosciante, ma alla fine il viaggio è senz'altro più importante... il modo in cui ha influito sulle vite altrui, in cui ha saputo essere qualcos'altro... sbagliato? forse sì... tragico? senz'altro... assurdo? indubbiamente... eppure, a modo suo, coraggioso.

    RispondiElimina
  2. Non so Pmor... Da ieri non faccio che pensarci su. Se da un lato condivido l'esigenza di vivere la propria vita senza vincoli, cercando l'essenziale, dall'altro l'idea di dare tanto dolore a chi ci è vicino... e non parlo solo del dolore per la morte, ma soprattutto dell'angoscia per l'assenza... mi lascia perplessa. Quanto egoismo c'è in una scelta simile? E d'altro canto non è un diritto, l'egoismo di decidere della propria vita?

    RispondiElimina
  3. Uhh, uno dei film più noiosi del decennio: in questi casi i pellegrinaggi al frigorifero da consigliati diventano obbligatori.
    Eppoi, la sceneggiatura si sforza, con notevole stridore, a far fare la parte dell’eroe romantico ad uno che non ci stava molto bene con la testa.

    RispondiElimina
  4. Mah, sono ancora troppo angosciata per dare un giudizio lucido sul piano della critica estesa.
    In ogni caso anche questo mi pare uno spunto di riflessione: come mai un tizio "fuori di testa" viene preso a modello esistenziale?
    Come Forrest Gump che corre, in un certo modo.

    RispondiElimina
  5. Io vi consiglio di leggere il libro. Io l'ho letto PRIMA di vedere il film e credo che sia fondamentale. Il film è ben fatto, ma manca tanto, troppo (troppi ragionamenti, troppi dettagli), per poter dare un giudizio.

    RispondiElimina
  6. Il libro è sempre meglio del film. Il film sarà sempre più povero di dettagli. Personalmente, quando un film tratto da un libro mi piace, quasi sempre compro il libro: quando un libro mi piace, sono sempre in dubbio se andare a vedere il film perchè so che il rischio delusione è altissimo.

    RispondiElimina
  7. Forrest Gump non è il soggetto, è il catalizzatore. Anche quando corre la storia è fatta da quelli che gli chiedono perché corre, lui risponde: “perché mi va”. Risposta molto più intelligente delle elucubrazioni del tipo in wild.

    RispondiElimina

Non voglio chiudere questo blog - spero di aver occasione per scrivere in futuro - ma chiudo temporaneamente i commenti, infestati dallo spam.

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.